RENATA GOMES NATA A MANAUS (AMAZONIA) BRASIL
   
  MANAUS LA MIA CITTA
  IL " CERRADO"
 

                       Il "cerrado"

Cerrado" è il nome regionale dato alle savane brasiliane. Circa l'85% del grande plateau che occupa il Brasile Centrale era originariamente dominato dal paesaggio del "cerrado", che rappresenta circa 1,5 - 2 milioni km2, pari al 20%, approssimativamente, della superfice del Paese. Il clima della regione del "cerrado" è tipicamente caldo, semiumido e spiccatamente stagionale, con estati piovose e inverni secchi. La piovosità annuale va da 800 a 1600 mm. I suoli sono generalmente vecchi, chimicamente poveri e profondi.
Il paesaggio del "cerrado" è caratterizzato da estese formazioni di savane, interrotte da vegetazione riparia lungo i fiumi, in fondo alle valli. Nella regione dei "cerrados", tuttavia, possono apparire altri tipi di vegetazione, come i campi umidi o i sentieri di palme "buriti" dove la falda freatica è superficiale; ad altitudini più elevate vi possono essere pascoli montani e, situate sui suoli più fertili, le foreste mesofile. Anche le esclusive formazioni di savana non sono omogenee, essendovi una grande variabilità nell'equilibrio tra la quantità di alberi e la quantità di vegetazione erbacea, formandosi così un gradiente strutturale che va dal "cerrado" completamente aperto - il campo pulito, che presenta una vegetazione nella quale predominano le graminacee, senza elementi legnosi (alberi e arbusti) , al "cerrado" fitto, fisiognomicamente forestale - il "cerradão" ("grande cerrado"), che presenta una grande quantità di alberi e un aspetto forestale. Le forme intermedie sono il campo 'sporco', il campo "cerrado" e il "cerrado" stricto sensu, seguendo un ordine crescente di densità di alberi.
Gli alberi del "cerrado" sono molto caratteristici, hanno tronchi tortuosi, ricoperti da spesse cortecce e hanno foglie grandi e rigide. Molte piante erbacee sono munite di organi sotterranei per immagazzinare acqua e nutrienti. La corteccia spessa e le strutture sotterranee possono essere interpretate come adattamenti di questa vegetazione alle periodiche bruciate alle quali viene sottoposta, al fine di proteggere le piante dalla distruzione e di metterle in grado di germogliare nuovamente dopo il fuoco. Si ritiene che, come in molte altre savane del mondo, gli ecosistemi di "cerrado" coesistano con il fuoco da tempi remoti, una volta come incendi naturali provocati da lampi o da attività vulcaniche e successivamente come incendi provocati dall'uomo. Poiché la ricrescita dello strato erbaceo che segue a una bruciata nel "cerrado", rappresenta un vantaggio, i primitivi abitanti di queste regioni hanno imparato a servirsi del fuoco como uno strumento per aumentare l'offerta di foraggio per i loro animali domestici erbivori, cosa che accade anche ai nostri giorni.
Gli habitat molto vari dei diversi tipi di "cerrado" ospitano una enorme diversità di specie di piante e di animali. Recenti studi, come quello presentato da J.A.Ratter e altri autori in "Avanços no Estudo da Biodiversidade da Flora Lenhosa do Bioma 'cerrado' " (Progressi nello Studio della Biodiversità della Flora Legnosa del Bioma "cerrado"), nel 1995, stimano il numero di piante a tessuto vascolare intorno a 5 mila; sono già stati identificate più di 1.600 specie di mammiferi, uccelli e rettili negli ecosistemi di "cerrado" (Fauna do "cerrado", Costa et al., 1981- Fauna del "cerrado", Costa et al., 1981). Tra i diversi invertebrati, i più notevoli sono le termiti ("cupins") e le formiche taglia-foglie ("saúvas"). Sono proprio questi i principali erbivori del "cerrado", importanti per il consumo e la decomposizione del materiale organico e perché costituiscono, inoltre, un'importante fonte di alimento per molte altre specie animali.
D'altra parte, la pressione urbana e il rapido instaurarsi di attività agricole nella regione stanno portando a una rapida riduzione della biodiversità di questi ecosistemi. Fino alla metà degli anni Sessanta, le attività agricole nei "cerrados" erano abbastanza limitate, destinate principalmente alla produzione estensiva di bestiame da carne per la sussistenza o per il mercato locale, essendo i suoli del "cerrado" naturalmente infertili e quindi inadatti alla produzione agricola. Dopo questo periodo, tuttavia, la crescita urbana e industriale della regione sudorientale spinse l'agricoltura verso la regione centro-occidentale. Lo spostamento della capitale del paese a Brasilia è stato un ulteriore polo di attrazione della popolazione verso la regione centrale. Dal 1975, fino all'inizio degli anni Ottanta, sono stati lanciati molti programmi governativi allo scopo di stimolare lo sviluppo della regione del "cerrado", con sussidi per la creazione di "fazendas" e miglioramenti tecnologici per l'agricoltura, che hanno avuto il risultato di aumentare significativamente la produzione sia nel settore agricolo che in quello dell'allevamento di bestiame da carne.
Attualmente, la regione del "cerrado" contribuisce per oltre il 70% della produzione di carne bovina del Paese ("Pecuária de Corte no Brasil Central", Corrêa, 1989- Allevamento di bestiame da carne nel Brasile Centrale) e, grazie all'irrigazione e alle tecniche di miglioramento del suolo, è diventata anche un importante centro di produzione di soia, fagioli, granturco e riso. Grandi estensioni di "cerrado" vengono ancora impiegate per la produzione di polpa di cellulosa per l'industria della carta, grazie alla coltivazione di varie specie di Eucalyptus e di Pinus, ma si tratta di un'attività ancora secondaria.
Allo scopo di preservare le risorse naturali dei "cerrados" sono state istituite diverse categorie di unità di conservazione, in conformità a obiettivi specifici: otto parchi nazionali, diversi parchi statali e stazioni ecologiche che comprendono circa il 6,5% dell'area totale del "cerrado" (Cerrado: caracterização, ocupação e perspectivas, - "Cerrado": caratterizzazione, occupazione e prospettive, Dias, 1990). Tuttavia, queste unità di conservazione sono ancora insufficienti ed è necessario crearne altre per proteggere la biodiversità che ancora ospitano.

                     La "Caatinga"

In piena fascia subequatoriale, tra la Foresta Amazzonica e la Foresta Atlantica, si trovano le "caatingas" del Nordest brasiliano. Esse coprono circa 700 mila km2, approssimativamente il 10% del territorio nazionale. Il clima è semiarido, con temperature medie annuali comprese tra i 27ºC e i 29ºC e con un indice pluviometrico medio inferiore agli 800 mm. La scarsa flessibilità climatica delle "caatingas" dipende principalmente dalla distribuzione irregolare delle piogge nel tempo e nello spazio. Il deflusso superficiale è intenso, poiché i suoli sono poco profondi e situati su rocce cristalline. I fiumi sono intermittenti, cioè, scorrono solamente durante il periodo delle piogge e interrompono il loro corso durante la stagione secca. Il paesaggio tipico delle "caatingas" è formato da estese pianure inserite tra altipiani e montagne, che avvolgono e si insinuano tra le punte residue dei massicci. La vegetazione è xerofita, caducifoglia e aperta, ben adatta a soportare la mancanza di acqua.
Il paesaggio più comune della "Caatinga" è quello che viene offerto nella stagione secca. Nonostante le piante dall'aspetto sembrino secche, sono tutte vive; perdono le foglie solamente per sopportare meglio la mancanza di acqua. Anche durante il periodo di siccità, la vita animale è ricca e diversificata. È dopo le piogge, però, che la diversità animale e vegetale delle "caatingas" diventa più evidente. Le piante fioriscono e gli animali si riproducono, originando una discendenza che avrà già in sé gli adattamenti per sopportare il lungo periodo di siccità successivo.

                  Il "Manguezal"

La costa brasiliana presenta, per una superfice di circa 20 mila km2 che va da Capo Orange, Amapá, al municipio di Laguna, Santa Catarina, una stretta fascia di foresta chiamata "manguezal" o "mangue" (mangrovia). Questa foresta è composta da un piccolo numero di specie di alberi e si sviluppa principalmente lungo gli estuari dei fiumi e alla loro foce, dove vi è acqua salmastra e il luogo è abbastanza riparato dall'azione delle onde ma abbastanza aperto da ricevere l'acqua del mare. Si tratta di un ambiente con un buon approvvigionamento di nutrienti in cui, sotto i suoli fangosi, vi è una tessitura di radici e di materiale vegetale parzialmente decomposto, chiamato torba. Negli estuari, i fondi fangosi sono attraversati da canali di marea (gamboas) che vengono utilizzati dalla fauna per i loro spostamenti tra il mare, i fiumi e il "manguezal".
Il Brasile ha estensioni di "manguezais" tra le più grandi del mondo. In passato questo ecosistema è stato sottovalutato, perché la sua presenza veniva associata alla febbre gialla e alla malaria, malattie oggi sotto controllo e il termine "mangue" ha di conseguenza acquisito un significato di disordine, sporcizia e luogo sospetto. Il "manguezal" è stato considerato per molto tempo un ambiente inospitale per la costante presenza di zanzare, "borrachudos", "pólvora" e "mutucas". Le nere e argillose foreste, prive di attrattive estetiche e infettate da insetti molesti hanno portato a pensare, fino alla metà degli anni settanta, che il progresso del litorale marittimo equivalesse ad avere spiagge pulite, riporti di terra bonificati, porti circoscritti da cemento e coltivazioni sperimentali per sfruttare i terreni dei vecchi "manguezais". Nonostante l'importanza economica e sociale di queste foreste, questo atteggiamento è stato in parte responsabile della costruzione di porti, centri balneari e strade costiere in questa area, riducendo in tal modo l'estensione delle mangrovie.
Diversamente da altri tipi di foreste, i "manguezais" non sono ricchi di specie ma si distinguono per la grande abbondanza delle popolazioni arboree che vi vivono. Per questo motivo, possono essere considerate uno degli ambienti naturali più produttivi del Brasile.
Queste foreste sono costituite solamente da tre alberi: la mangrovia rossa o selvaggia, la mangrovia bianca e la mangrovia "seriba" o "seriuba". Vivono nella zona delle maree e presentano una serie di adattamenti: radici pneumatofore, o respiranti (che riforniscono di ossigeno le altre radici interrate e ammortizzano l'impatto delle onde della marea), capacità di ultra-filtraggio dell'acqua salmastra e sviluppo di piantine dalla pianta madre, che vengono poi disperse dall'acqua del mare. Possono essere aggiunte poche specie alla flora di queste foreste, come la felce della mangrovia, la graminacea Spartina, la bromeliacea Tillandsia usneoides, il lichene Usnea barbata (le ultime due conosciute come 'barba di vecchio', sono molto simili l'una all'altra) e l'ibisco.
A nord del Paese, le fitte foreste di "mangue" sono formate da alberi che possono raggiungere 20 metri di altezza. Nella regione nordorientale vi é un diverso tipo tipo di "manguezal" conosciuto come "mangue seco", con alberi di modeste dimensioni in un substrato di elevata salinità. Nella parte sudorientale del Brasile assume invece l'aspetto di bosco di arbusti.
Con l'alta marea, lo scuro suolo di queste foreste si ricopre di acque. Sulle radici aeree degli alberi, nella fascia che viene coperta dalla marea, crescono ricche comunità di alghe e tra esse si trovano le alghe rosse, quelle verdi e quelle azzurre. I tronchi costantemente esposti e le chiome degli alberi, sono poveri di piante epifete. I batteri e i funghi decompongono le foglie del "manguezal" e la catena alimentare in questi luoghi si basa proprio sull'utilizzo dei detriti derivanti da questa decomposizione.
Per quanto riguarda la fauna, si distinguono varie specie di granchi che formano enormi popolazioni sui fondi fangosi. Le ostriche, le cozze, le vongole e i crostacei cirripidi si nutrono filtrando dalle acque i piccoli frammenti di detriti vegetali, che sono ricchi di batteri. Vi sono anche alcune specie di molluschi che forano il legno dei tronchi degli alberi, costruendovi tubi calcarei e nutrendosi di microrganismi che decompongono la lignina dei tronchi, contribuendo, con la caduta degli alberi vecchi molto perforati, al rinnovamento naturale dell'ecosistema.
Anche i gamberi, per trovare nutrimento si introducono in questa foresta approfittando dell'alta marea. Molte delle specie di pesci del litorale brasiliano dipendono dalle fonti nutritive del "manguezal", per lo meno fino a che non diventano adulti. Tra questi distinguiamo il "bagre", il robalo, la spigola e il cefalo. La ricchezza di pesci attira i predatori, come alcune specie di squali, il gattopardo marino e anche i delfini. Si incontrano occasionalmente anche l'alligatore dal gozzo giallo e il rospo Bufo marinus.
Essendovi una scarsa varietà di flora, gli uccelli tipici sono pochi; alcune specie, tuttavia, usano gli alberi della mangrovia come punti di osservazione, di riposo e di nidificazione. Questi uccelli si alimentano di pesci, crostacei e molluschi, specialmente durante la bassa marea, quando i fondi fangosi sono maggiormente esposti. Tra i mammiferi, il "coati" è specialista nel cibarsi di granchi. La lontra, abile pescatrice, frequenta molto questi luoghi e anche il "guaxinim", un tipo di procione mangiatore di granchi.
Queste foreste, utilizzate dagli uomini "sambaqui" più di 7 mila anni fa e, a partire da allora, dalle popolazioni che si sono succedute in questo territorio, forniscono un'abbondante alimentazione ricca di proteine alla popolazione costiera brasiliana. La pesca artigianale di pesci, gamberi, granchi e molluschi rappresenta per gli abitanti del litorale la principale fonte di sussistenza.
Nonostante sia protetta dalla legge, questo tipo di foresta subisce ancora la distruzione gratuita, l'inquinamento domestico e chimico delle acque, lo spargimento di petrolio e i riporti di terra non ben livellati.

                La "Restinga"

"Restinga" è il termine utilizzato per indicare le pianure litoranee coperte dai depositi marini che si sono formati in seguito all'arretramento dei livelli degli oceani circa 5 mila anni fa, nel periodo Quaternario. Successivamente all'arretramento rimasero depositi fluviali e lacustri contenenti, in parte, materiale proveniente dalle scarpate del Complesso Cristallino, caratteristiche del litorale meridionale e sudorientale del Brasile, o dalle formazioni di arenaria della Formação Barreiras. Queste pianure hanno un clima tropicale umido, senza stagione secca, con precipitazioni medie annuali intorno ai 1700-2000 mm. La quantità maggiore di nutrienti della pianura costiera proviene dalle precipitazioni atmosferiche e si fissa principalmente nella biomassa vegetale.
L'estensione delle pianure litoranee è molto varia e dipende dall'arretramento delle scarpate del Cristallino. In passato i livelli marini hanno oscillato, facilitando in tal modo la sedimentazione in diversi piani che sono testimonianza di depositi avvenuti in diversi momenti. Con l'azione delle maree si sono depositati sedimenti marini sotto forma di strisce arenose, con alcuni terrazzamenti più antichi. Dietro questi depositi e tra le strisce arenose è possibile che vi siano depressioni che formano valli o pantani di acqua dolce.
Sulla striscia di spiaggia delle pianure litoranee troviamo una vegetazione che si è adattata alle condizioni di salinità e di suolo sabbioso influenzato dalle maree, denominata halofila-psamofila, con specie erbacee striscianti e ampi apparati radicali. Dopo questa fascia, su strisce più stabili, si trova una fitta vegetazione arbustiva e arborea, denominata "jundu", con molte bromeliacee terricole. La sua forma a cuneo è molto caratteristica ed è provocata dall'azione erosiva di particelle di sabbia sulle gemme rivolte verso la spiaggia. Quest'area presenta uno strato organico poco sviluppato e le bromeliacee terricole svolgono un ruolo stabilizzatore del substrato e di ritenzione di acqua e nutrienti nel sistema. Sul litorale di Rio de Janeiro e di Espírito Santo cresce una boscaglia composta da specie arbustive e arboree, intervallate da suolo scoperto la cui denominazione viene data dalla presenza percentuale predominante delle piante, abbiamo quindi la "restinga" di Clusia, di Mirtacee e di Ericacee.
Sulle strisce sabbiose, a seconda della loro età, si insedia una foresta che è meno esuberante della
Foresta Atlantica, avente una flora simile, penetrazione di elementi del "cerrado", poche specie caratteristiche e grande quantità di epifete. In genere, sulle strisce più recenti vi sono foreste che somigliano a quelle che si trovano sulle cime delle montagne costiere, con molte Mirtacee e bromeliacee terricole.
Sui terrazzamenti marini è comune trovare aree temporaneamente inondate che ospitano foreste di "várzea". Tra le strisce vi è una depressione che può essere costantemente umida e ospitare foreste palustri, con poche specie arboree adattatesi e molte bromeliacee sul suolo inzuppato. Nelle baie di suolo organico si sviluppano sia la foresta palustre che i campi monospecifici di stiancia o di giglio palustre. Questo insieme di formazioni sulla piana litoranea delinea un mosaico di granulazione variabile che amplia la diversità biologica. La fauna di mammiferi e di uccelli che si trova nelle foreste sulla "restinga" è simile a quella della Foresta Atlantica ed è indice di interazioni associate alle alternative temporali e spaziali di risorse nutritive, riparo e nidificazione. Soprattutto a causa dell'occupazione urbana delle pianure litoranee, sono rimaste solamente poche foreste pluviali associate al dominio atlantico e sono preservate in Unità di Conservazione.


 
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